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La storia insegna che molte innovazioni sono state sottovalutate

di Elserino Piol
La storia insegna che molte innovazioni non sono state comprese o sono state sottovalutate nel momento in cui sono comparse. Nel 1878 una speciale commissione del Parlamento Inglese, costituita per valutare la lampadina elettrica, concluse: "(La lampadina di Edison)
va bene per i nostri amici oltre oceano
non è meritevole dell'attenzione degli uomini scientifici e pratici"; nel 1876, la documentazione interna della Western Union, leader nella comunicazione in USA a quel tempo, riportava: "questo telefono ha troppi difetti per essere seriamente considerato un valido mezzo di comunicazione"; persino un gruppo di brillanti investitori, durante un meeting con Alexander Bell a Philadelphia, chiese, durante l'analisi del business plan: "cosa sta pensando di fare Sig. Bell, di
mettere in collegamento ogni casa del nostro Paese?". Molte innovazioni trovano le condizioni adeguate ad una loro adozione e alcune di esse riescono ad incidere così profondamente che mutano per sempre il contesto sociale ed economico nel quale si vive. Internet ne è l'esempio: la rete, risultato di due decenni di innovazioni tecnologiche, sta modificando radicalmente il mondo delle imprese e quello della vita, individuale e collettiva.
L'impatto innovativo sul mondo delle aziende e sull'economia è solo all'inizio e non deve essere sottovalutato. Internet non è fine a se stesso, ma, come tutte le grandi innovazioni, il suo effetto pervasivo sarà tanto esteso ed efficace quanto più elevato sarà il livello di integrazione nelle aziende e nell'economia. Internet è un canale: di comunicazione, di informazione, di distribuzione, di divertimento e
un canale per altri utilizzi funzionali.
Oggi, fine 2001, a che punto siamo arrivati con Internet? Abbiamo oltrepassato la fase "dell'innovazione" e stiamo entrando in quella "dell'adozione" ovvero quella che vede le aziende tradizionali, con business consolidati, adottare Internet per rafforzare la propria competitività; questo significa che la rete sta diventando e diventerà parte integrante dell'economia. I drivers della "fase dell'adozione" sono l'accettazione degli standard per facilitare l'utilizzo di massa, l'avvento della banda larga al fine di sfruttare tutto il potenziale di Internet, l'accettazione culturale da parte di tutti
non solo delle giovani generazioni ma anche dei genitori e dei nonni!
Sotto il profilo economico Internet è l'agente del cambiamento e delle opportunità: per catturare e difendere quote di mercato, per rafforzare il legame aziende-clienti-fornitori, per fornire maggiore accesso all'informazione e per rafforzare la comunicazione. Per alcune società Internet è un fattore critico di successo, quando "controllare il canale" fa parte del core business (industria dell'entertainment), o quando la velocità è un fattore estremamente competitivo perché influenza le dinamiche della clientela, e con esse, le quote di mercato e la redditività - esempio servizi finanziari.
Tuttavia Internet rappresenta anche un forte fattore di discontinuità rispetto al passato: per gestire il suo impatto occorrono visione del mercato, investimenti, tecnologie adeguate a gestirne l'integrazione e un'attenta gestione dei processi aziendali.
In tal senso Internet può creare caos nelle imprese e nei settori produttivi in cui società innovative tendono a cambiare le dinamiche dei mercati.
Internet in ogni caso sta creando innovazione e valore in quanto sta modificando le organizzazioni tradizionali, sta ampliando l'accesso ai mercati, sta creando nuove iniziative.
Il venture capital da sempre è sincrono all'evoluzione dell'economia e dell'innovazione, e ha contribuito a sostenere Internet e l'innovazione ad esso collegata.
Oltre l'80% degli investimenti di venture capital, soprattutto in America, sono effettuati in aziende del settore dell'alta tecnologia: Internet, telecomunicazioni, information technology e biotecnologie. L'industria dell'informazione in genere, sia dei servizi, sia delle tecnologie, è il settore che ha più probabilità di presentare elevati tassi di crescita, con conseguente creazione di valore, e per questo è il comparto in cui si concentrano maggiormente gli investimenti di venture capital, che ha lo scopo di creare valore. L'innovazione è importante perché il venture capital ragiona come se le aziende fossero esseri umani: nascono, crescono e poi hanno un certo declino. Non sono le aziende con vita lunga quelle che hanno dato maggiore ricchezza ai propri investitori, ma quelle che hanno un certo tipo di crescita e a un certo punto spariscono o vengono assorbite da altre. Quindi, le aziende che creano valore sono quelle che dicono qualcosa di nuovo rispetto all'esistente, non in termini assoluti: un'azienda di telecomunicazioni che opera nel nostro paese non deve essere innovativa rispetto al mercato americano, per esempio, ma rispetto a quanto c'è in Italia, valutando se in quel preciso momento c'è spazio per l'offerta di servizi innovativi.
Molte aziende che il venture capital alimenta sono quelle che prendono il posto di quelle esistenti da tempo e stabilizzate, sono quelle dell'information technology. L'innovazione del venture capital non è soltanto di carattere tecnologico, è anche un'innovazione del modello di impresa. Innovazione nel venture capital significa creare nuove aziende senza gravità, che hanno in sé, nel loro disegno strategico, la possibilità di muoversi, di essere flessibili, di cambiare; aziende che non hanno una gravità legata a investimenti fissi, a strutture molto pesanti, aziende in cui i beni immateriali vengono valorizzati e sono considerati più importanti dei beni materiali. Quando ci si chiede come mai la Microsoft sia valutata così tanto, se si risponde alla maniera dei contabili e sulla base dei risultati di bilancio non si capisce, perché i contabili nel bilancio non mettono fra gli assets la voce "Bill Gates"; se la mettessero, il valore attribuito alla Microsoft apparirebbe molto più chiaro.
Chiaramente, però, il venture capital non è un ente di beneficenza. Il venture capital ha un compito molto semplice: raccogliere i soldi dagli investitori, distribuirli in investimenti in nuove iniziative a rischio, e ritornare agli investitori denaro "ingrassato". Oggi tutti mi dicono che sono stato bravo ad avere investito in Tiscali. Ma quando l'ho conosciuto, Soru aveva solo dodici persone che lavoravano con lui e aveva le idee relativamente confuse. Eppure, l'ho incontrato alle tre del pomeriggio e alle cinque avevo già investito quattro miliardi. L'unico errore che ho fatto è che avrei dovuto investirne il doppio. Però sfido chiunque, in due ore, a decidere di mettere quattro miliardi in un'azienda. Chiaramente, mi era noto il settore delle telecomunicazioni, mi erano note le domande da fare, ma il rischio restava. Il venture capital ha un solo mestiere: mettere soldi in aziende, sapendo sin dall'inizio che molte falliranno. È andata male? Pazienza. Accettiamo il fallimento di un'azienda, di un'iniziativa, come regola del gioco. Il nostro obiettivo è molto semplice, quello di prendere i soldi e ritornarli "ingrassati" ai nostri investitori. Fa parte dei rischi. Nel settore dei nuovi media Kiwi è stata un "first mover", finanziando il primo quotidiano personalizzato sulla rete. Si trattava di e-day: un prodotto editoriale che abbiamo considerato sempre di ottimo livello, che purtroppo non è riuscito a individuare altre fonti di ricavi oltre alla pubblicità su Internet, settore ancora non decollato.
Forse fra qualche anno il mercato dei content sulla rete pagherà: ma al momento non è così.
Non basta che l'idea sia giusta e che il management sia in grado di eseguirla, bisogna tradurre il progetto in azione, in attività di marketing, in ricavi. A volte lidea è valida, ma l'execution è sbagliata, e l'azienda non sta in piedi.
L'informazione on line è comunque un fenomeno acquisito: le persone che consultano quotidiani, periodici, siti specializzati sono in continua crescita. Il tema vero per il mercato dei contenuti è quello di capire come ripagare gli investimenti e gli alti costi di produzione, soprattutto là dove non è sostenuta da una logica di verticalizzazione e di sinergie fra media diversi.
Un secondo aspetto, che riguarda il mercato italiano dei media e dell'entertainment, è inoltre valutare le opportunità reali che saranno offerte da un uso estensivo della banda larga. La tecnologia abbinata a un nuovo modo, attivo e non più passivo, del mezzo televisivo sono a nostro avviso destinate a modificare abitudini e a rivoluzionare il modo di usufruire del tempo libero, dell'informazione e di tutto quello che riguarda la sfera dell'intrattenimento.
Per concludere, nonostante l'ondata negativa, collegata alla bolla speculativa, che si è abbattuta negli ultimi mesi sulle telecomunicazioni e Internet, siamo convinti che la portata fortemente innovativa aperta proprio dalla grande rete continuerà e che il prossimo decennio sarà dominato dall'industria dell'informazione. Siamo all'inizio dell'inizio. All'inizio di una nuova era, dove assisteremo a grandi cambiamenti, in parte impensabili. Per le aziende e l'industria dell'informazione si presentano anni difficili, duri, dove il ripensamento dell'organizzazione, del fare impresa sarà continuo. Saranno anni turbolenti, di grandi sfide, in cui ognuno sul proprio terreno dovrà confrontarsi con uno dei fenomeni che sta rivoluzionando mercati, industrie e il modo di vivere di tutti.
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